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Giovedì 28 marzo 2024

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Ma perché il calicanto fiorisce d’inverno?

Il racconto biblico di Abramo e di undici Sara un viaggio alla ricerca di sé, degli altri, di Dio

La Guida - Ma perché il calicanto fiorisce d’inverno?

Elisa Dani nella sua palestra di teatro è una assemblatrice di storie. E lo fa ogni anno in maniera sorprendente con un profluvio di citazioni, di sensazioni e di vissuti diversi, almeno quanti sono i protagonisti dei suoi racconti. Nell’ultimo lavoro andato in scena domenica 1° maggio all’Atlante dei Suoni di Boves dal titolo “Poi mi dici” sottotitolo “Studio su Abramo e le tante “Sara” della storia”, in scena sono un Abramo con undici Sara. E non a caso, verrebbe da dire, la scena è una lunga tavola su cui nel finale le Sara banchettano senza l’errante Abramo.

Il testo di scrittura collettivo parte dalle figure di Abramo e Sara e dal racconto biblico riletto dall’angelo nella nicchia. E inizia un viaggio nell’interiorità, nei rapporti tra uomo e donna,  tra padre e figlio, tra uomo e Dio, tra guerra interiore e cura, un viaggio nella complessità della maternità nel senso più ampio e sfaccettato del termine.   Le Sara al fianco di Abramo hanno tutte storie e sensibilità diverse, vivono il viaggio che le porterà ad essere madri in modo molto diverso, superando stereotipi e archetipi di cura, di relazione, di ricerca del prorio sé e del rapporto con il trascendente con un Dio della fiducia e dell’autenticità. C’è Sara e c’è Agar: matriarca e principessa ma anche migrante, serva, vittima.
E il viaggio è quello che intraprende Abramo alla ricerca dei rapporti veri (è l’inizio della storia della salvezza), che lo fanno diventare autentico riconoscitore dell’altro: come a dire diventi umano davvero umano solo se riconosci, e dunque ti fai carico, di chi ti sta intorno e della terra che ci circonda, ma in particolare dell’emarginato, del fragile, dello scartato, di chi è fuori da tutto. Non è percorso facile e senza difficoltà perché siamo di fronte non più al Dio della prova, ma di un Dio nella prova, un Dio nel viaggio e nelle domande. Nel pianto di Sara-Agar possiamo scorgere tutti i pianti delle serve della terra di ieri e di oggi, tutte le donne umiliate da altri uomini e da altre donne potenti, i pianti e i silenzi delle vittime, di tutti i migranti e i profughi.
E in questa ricerca di autenticità, nel viaggio dell’Abramo con il trolley e della Sara che si chiede il perché il calicanto fiorisca d’inverno, c’è quel viaggio che porta a un Dio che non è più il Dio che chiede il sacrificio di Isacco, dell’unico figlio così tanto atteso, ma un Dio che si prende cura di ognuno lì esattamente dove è. 

Uno spettacolo da far girare e da far rivedere su altri palchi, e che va ben al di là, come da un po’ di anni a queste parti con le palestre di teatro, di un saggio di fine anno: bravi gli interpreti tutti ben caratterizzati, belle le luci, e ovviamente la sceneggiatura ricchissima di spunti.

Le foto dello spettacolo sono di Francesca Barbero.

Foto di Francesca Barbero

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