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Venerdì 19 aprile 2024

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“Non marmi di Carrara o bronzi di fonderie d’arte ma ferri da rigattiere”

Corrado Ambrogio un grande artista monregalese che viene ricordato nella retrospettiva a Demomte e con il piatto dell'Artigianato di Mondovì

La Guida - “Non marmi di Carrara o bronzi di fonderie d’arte ma ferri da rigattiere”

“Non marmi di Carrara o bronzi di fonderie d’arte”, ha scritto l’artista in una nota di commento al suo lavoro del 2003, “ma ferri da rigattiere, dimenticati ceppi di segheria. Per far riaffiorare una vita che già è”. Così si presentava Corrado Ambrogio ed era una delle definizioni che amava di più. Il Covid se l’è portato via il 15 dicembre scorso, a 63 anni, lasciando un vuoto profondo non solo nella sua famiglia (la moglie Cristina e la la figlia Ludovica) ma in tutto il mondo culturale e dell’arte cuneese e non solo.
Corrado è noto in tutti gli ambiente artistici piemontesi per la sua arte, la sua capacità unica di far rivivere vecchi oggetti in nuove composizioni artistiche. Le sue opere sono realizzate con materiali di scarto e di recupero che provengono sovente dal mondo contadino e del lavoro. Ingegnere meccanico presso il Politecnico di Torino, lascia il lavoro da ingegnere, per l’arte e l’insegnamento. Era docente di tecnologia e disegno presso l’Istituto di istruzione superiore statale Cigna Baruffi Garelli di Mondovì. Esordisce come pittore nel 1974, ma la necessità di sperimentare nuovi materiali e tecniche lo porta ad alternare la pittura alla scultura. Ha illustrato libri, progettato e realizzato mobili ed elementi di arredo che nascevano nel suo studio laboratorio di Carassone. I suoi lavori stimolano la fantasia e la creatività degli osservatori, affidandosi principalmente alle superfici scabre del legno combusto o verniciato di nero o d’argento, per farci sognare foreste fossilizzate, ma anche giochi da tavolo con piccoli tronchi intagliati a moduli concavo-convessi, che si possono liberamente incastrare o separare, come se fossero elementi di un puzzle scultoreo domestico. Come ha ben evidenziato Marisa Vescovo, “Ambrogio è uno di coloro che ritrova, accudisce, restaura, aromatizza oggetti e cose, che quasi sempre emanano un sentore di malinconia, o di morte, che per rinascere hanno bisogno delle sue attenzioni”.

A Cuneo l’associazione GrandArte gli aveva dedicato una suggestiva personale nel 2017 nel complesso monumentale di San Francesco dal titolo “MXXI Moltitudini raccolte” che era stata visitata da tantissima gente e anche dall’ex presidente del Senato, Pietro Grasso. Trenta opere dalle forme stilizzate da materiali e strumenti del lavoro  quotidiano che l’artista ha piegato con la sua immaginazione ridando loro nuova affascinante vita. Raccontano di moltitudini che portano sulle proprie spalle le sofferenze di popoli e individui, dunque interpellano chi avvicina queste installazioni, dall’incredibile e suggestica “La foresta degli uomini armati” , un intero “esercito” schierato, composto da centinaia di elementi ai “Migranti. Viaggio verso un luogo senza nome” che rimanda nel titolo come nel materiale alle rotte mediterranee, ai tanti viaggi della speranza che hanno attraversato il mondo di ieri e di oggi e di cui spesso rimangono solo brandelli di vestiti. E si potrebbe andare avanti: da “Shoah”, titolo inequivocabile, ma in quelle calzature oggi si riverberano anche i passi di chi soffre sotto il peso delle oppressioni politiche, delle guerre silenziose e dimenticate disperse in ogni angolo del mondo a “Gabbia” che racconta di esistenze che in uno slancio verticale cercano spazio per ritrovare la propria dignità. Ma Corrado Ambrogio era anche pittore, di una pittura informale e astratta come tutti i “Pentameter” a cui apparteneva (oltre ad Ambrogio, Walter Accigliaro, Cesare Botto, Mario Mondino e Silvio Rosso). “Rimando a compitezza, efficacia, chiarezza – scriveva Lorenzo Mamino per una mostra “Colori e segni” alla confratyernita di Santo Stefano a Mondovì -. Tutto ben rappresentato dal lavoro ormai di decenni di Corrado Ambrogio che in dipinti e poi in sculture cerca di inventare terre, arie e colori sempre nuovi. Scriveva come sottotitolo della sua personale a Mondovì “occhi nuovi”. Per dire la sua attenzione non al contenuto o all’uso ma alla visibilità delle cose. Cercava invece interpretazioni surreali per legni e pietre ormai silenti, disponibili solo per occhi dediti al fantastico. Un fantastico molto legato al fortuito che è nel mondo e nella natura ben commentato da Dante quando dice “Poi piovve dentro a l’alta fantasia””.

Ora due appuntamenti ci ricordano Corrado Ambrogio. La retrospettiva a lui dedicata a Demonte a Palazzo Borelli “Dalle policromie al trionfo del monocromo” a cura di Maria Teresa Barolo visitabile fino al 29 agosto  il venerdì 16,30/18, il sabato e la domenica 10,30/12 e 16,30/18,30. Una mostra di dipinti voluta dagli Amici di Demonte di Silvio Rosso. E poi a Mondovì nella 53esima edizione della Mostra dell’Artigianato Artistico che si tiene dal 12 al 16 agosto il piatto disegnato e proposto da Silvana Prucca dell’associazione “Ceramica vecchia Mondovì” sarà proprio dedicato a Corrado Ambrogio.

Corrado Ambrogio, DITTICO, 1983 matita e pastello su carta cm 39,2×20,8

Corrado Ambrogio, FIUME CHE SCORRE LENTAMENTE, 1981 inchiostro di china, pastello, tempera su carta cm 16,7×10,8

Corrado Ambrogio, PRESENZE, 2016 t. m. su tessuto cm 72×77,5

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