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Martedì 16 aprile 2024

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La truffa dell’assegno per la Porsche finisce con una condanna

Assegno riferito a un ufficio postale chiuso dieci anni prima, due imputati di cui viene condannato il più giovane, che si presentò per ritirare l'auto

La Guida - La truffa dell’assegno per la Porsche finisce con una condanna

Cuneo – Nell’agosto 2018 aveva messo in vendita la sua Porsche Macan su un sito Internet e aveva ricevuto un’offerta per 67.500 euro. L’assegno con cui venne pagato risultò però inesistente e in seguito alle indagini svolte dalla Polizia vennero rinviati a processo K. T. e D. G. H.
Il primo dei due era il giovane che si presentò al pagamento e ritiro dell’auto, mentre all’altro imputato si risalì attraverso un’elaborata indagine sulle utenze telefoniche utilizzate per mettere in atto la truffa. “Parlai con un certo signor Giovanni che era interessato all’acquisto dell’auto – aveva riferito in aula la vittima della truffa – e mi disse che a pagare e a ritirare l’auto sarebbe venuto suo nipote”. K.T. si presentò all’appuntamento con un assegno validato dall’ufficio postale di Vigoleno, in provincia di Piacenza. Per verificarne la bontà, il giovane invitò il venditore a chiamare l’ufficio postale e qui rispose una signora che confermò che tutto era regolare. In realtà l’assegno risultò inesistente così come l’ufficio di Vigoleno che era stato chiuso nel 2008. “Il numero di quell’ufficio era stato acquistato da una società che lo aveva affittato a un privato; chiamandolo si viene quindi reindirizzati al cellulare della persona che ha affittato quell’utenza telefonica”.
Attraverso le indagini su quel numero si è risaliti al secondo imputato che risultava conoscere K. T. perché gli aveva fatto un bonifico di 119 euro e tutti e due erano residenti in provincia di Varese. Per entrambi gli imputati l’accusa ha chiesto una condanna a otto mesi di reclusione, mentre la difesa di K. T. ha chiesto l’assoluzione perché non era stato provato che il ragazzo avesse preso parte al raggiro, ma è provato solo che aveva consegnato l’assegno e ritirato l’auto.
La difesa di D. G. H. ha ribadito l’innocenza del proprio assistito che nessuno ha mai riconosciuto di persona e il cui unico legame con l’altro imputato era quel pagamento di 119 euro. La giudice ha accolto quest’ultima richiesta assolvendo D. G. H. per non aver commesso il fatto e condannando invece K. T. alla pena di otto mesi di reclusione e al pagamento di 500 euro di multa.

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