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Venerdì 26 aprile 2024

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Per la fase 2 occorre suddividere il territorio in aree omogenee

Misure differenziate e strategie preventive suggerite dalla prima relazione del gruppo di lavoro guidato da Ferruccio Fazio

La Guida - Per la fase 2 occorre suddividere il territorio in aree omogenee
Ferruccio Fazio

 

Torino – È stato sottoposto all’Unità di crisi della Regione il primo report stilato dal gruppo di lavoro guidato dall’ex ministro della Sanità Ferruccio Fazio e consegnato ieri, 30 aprile, all’assessore Luigi Genesio Icardi.
Fondamentale per traghettare il Piemonte verso la fase 2 sarà, secondo la task force, adottare misure differenziate per il territorio, suddividendolo in aree omogenee, basandosi sull’analisi della differente intensità del contagio. La divisione in “strati” (termine mutuato da altri contesti di controllo di malattie infettive, quali la malaria) che presentano analoghi parametri consentirà anche la destinazione selettiva e commisurata di risorse umane, materiali ed organizzative in funzione degli interventi previsti e in rapporto alla popolazione presente, all’intensità di trasmissione dell’infezione e delle articolazioni logistiche necessarie. È prevedibile che l’area urbana di Torino rappresenterà uno strato autonomo, così come, per motivi diversi, potrà essere considerato uno strato unico quello comprensivo delle valli del Piemonte

Tracciamento dei contatti
Per quanto riguarda il tracciamento dei contatti, il gruppo Fazio sottolinea che per una fase di uscita dal lockdown occorre prevedere la possibilità di un rimbalzo generale dei contagi, in rapporto al tipo di riaperture e alle tempistiche di attuazione del processo, con l’eventuale formazione di nuovi macro-focolai o “cluster”. Occorrerà pertanto provvedere ad un “tracciamento attivo” dei contagi, senza attendere il peggioramento delle condizioni di salute dei pazienti o il loro ricovero in ospedale, ma intercettandoli all’inizio per impedire che si diffondano ulteriormente o peggiorino al tal punto da dover essere ospedalizzati.

Tamponi
Sul fronte dei tamponi, la relazione evidenzia che al momento attuale la produttività massima teorica realizzabile è pari a 9.000 tamponi al giorno. Ma visto che non è ipotizzabile, per problemi tecnici e di approvvigionamento dei reagenti, che ogni laboratorio realizzi ogni giorno il suo massimo teorico, viene indicata come un’ottima performance quella del 23 aprile scorso: 7.330 tamponi, pari all’81% del massimo teorico. Considerando che “le iniziative recentemente annunciate – si legge nel documento -, porteranno a raggiungere un numero massimo teorico di 13.000 test al giorno, pari a circa 9.000-10.000 test al giorno effettivamente realizzabili (70-80% del teorico), il sistema, a regime nel mese di maggio, permetterebbe di attuare una strategia di “contact tracing and testing” se un nuovo picco epidemico sarà inferiore o al massimo uguale a quello che il Piemonte ha sperimentato”, tenendo conto che “sono comunque pianificabili ulteriori iniziative che permetterebbero di raggiungere un numero massimo teorico di circa 20.000 test al giorno, pari a circa 14.000-16.000 test al giorno effettivamente realizzabili (70-80% del teorico)”.

Test sierologici
Sull’impiego dei test sierologici, il Gruppo di lavoro Fazio rileva che “l’interpretazione a fini diagnostici, clinici ed epidemiologici, deve avvenire in un contesto specialistico, senza il quale la lettura di qualsiasi risultato rischia di esporre il soggetto ad incauti provvedimenti, come l’incongrua attestazione di guarigione”. In particolare, la raccomandazione è che l’eventuale applicazione dei test in ambiti aziendali “sia effettuata sotto la supervisione di un medico competente”, così come si raccomanda la supervisione e/o l’autorizzazione da parte delle Asl per i test sulla popolazione.

Modello Medicina Territoriale
Sulla base di queste prime constatazioni e considerazioni, il Gruppo di lavoro Fazio si propone, come obiettivo prioritario, di “predisporre un modello di assistenza sanitaria territoriale che trovi il proprio fulcro nei medici del territorio, in primis i medici di Medicina Generale, valorizzando, al contempo, tutte le risorse che, in ambito sanitario sul territorio già operano (ad es. le farmacie), ovvero che potrebbero essere opportunamente attivate (ad es. l’infermiere di comunità e altri operatori sanitari) al fine di migliorare la qualità dell’assistenza territoriale anche per la gestione delle cronicità, in un rapporto integrato con la rete ospedaliera, sfruttando altresì le potenzialità delle nuove tecnologie negli ambiti della telemedicina”.

 

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