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Venerdì 26 aprile 2024

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I sindacati: “La sanità piemontese paga debiti non suoi”

Le accuse del sindacato dei medici Anaao Assomed preoccupato per un possibile piano di rientro che significa tagli di posti letto e di personale

La Guida - I sindacati: “La sanità piemontese paga debiti non suoi”

Cuneo – La sanità piemontese sempre più in rosso con il rischio di ritornare all’austerità del Piano di Rientro controllato da Roma. E a creare i maggiori buchi nei bilanci è ancora una volta Torino. Il debito della Regione Piemonte è di 9,3 miliardi e sulla spesa corrente inciderà per quasi mezzo milione di euro. E nel debito la sanità la fa da padrone, un debito cresciuto nel 2019 con 407 milioni di euro spesi in più rispetto al fondo sanitario. Soldi pagati dai fondi extra accumulati in passato o derivanti dalla gestione sanitaria accentrata. L’assessore Icardi  e il presdienre Cirio hanno detto: “La situazione è drammatica. e ci vede già con un piede nel prossimo piano di rientro, che però cercheremo di evitare. Ma è necessario rivedere completamente il sistema, perché se non lo faremo noi sarà Roma a farlo in nostra vece. Abbiamo raschiato il fondo del barile, non c’è più nulla di risorse straordinarie una tantum da usare a copertura delle perdite. Per finanziare il settore dovremo spendere solo le risorse trasferite dal fondo sanitario regionale”.

Proprio su queste dichiarazioni è intercvenbuto ilk sindacato dei medici Anaao Assomed Piemonte esprimendo forte preoccupazione sulla possibilità di ritornare all’austerità del Piano di rientro, già vissuto dal 2010 al 2016 e finito dopo la cura Saitta e Chiamparino, che significherebbe stop a investimenti e a nuovo personale e a ulteriori tagli.

“Spicca come sia stata all’epoca l’unica Regione del Nord Italiain Piano di rientro – scrivono i sindacati -. La Sanità Piemontese ha già pagato duramente negli anni del PdR: sono stati tagliati posti letto, personale, sono stai fatti accorpamenti e amputate le possibilità di carriera dei dirigenti medici e sanitari. In Piemonte, l’anno di massima spesa sanitaria per la dirigenza medicaè stato il 2010, con una spesa di 779.515.512 euro. Nel 2017 la spesa è stata di 714.949.324 euro, ben 64.566.188 euro in meno in 7 anni. Nel 2010 i dirigenti medici che lavoravano nelle ASL e negli ospedali piemontesi erano 8958, nel 2017 8443, ovvero 515 in meno. In numeri assoluti veniamo dopo a Lazio, Campania, Calabria e Sicilia: il taglio peggiore tra le Regioni del Centro-Nord. I Direttori di Struttura Complessa nel 2010 in Piemonte erano 818. Nel 2017 solo 555. Ben 263 in meno, pari a una riduzione del 32%.Un’ecatombe di primariati. Se contiamo i Responsabili di Struttura Semplice, si passa dai 1160 del 2010 a 707 del 2017. Una riduzione in Piemonte del 39%”.

E poi ci sono i posti letti che negli ospedali pubblici nel 2010 erano 13.183, nel 2017 invece 11.623. Quindi 1560 posti letto in meno, pari a una riduzione del 11,8%.

“Ma la cosa gravissima di quel periodo – scrive il sindacato – è che il buco di bilancio non è stato causato da deficit della Sanità, come confermato dal Senato nell’ambito dell’indagine sulla sostenibilità del SSN. In realtà una parte dei finanziamenti provenienti da Roma per la Sanità sono stati negli anni utilizzati come cassa per spese extra-sanitarie. Si tratterebbe di 4,3 miliardi di euro destinati al SSR che sono stati utilizzati altrove. La Corte dei Conti del Piemonte ha inoltre dichiarato nelle relazioni annuali 2016, che vi è stata oltre ad una scarsa perimetrazione della spesa sanitaria, l’assenza di controlli rigorosi specie nel privato accreditato. Si è così giunti al paradosso di inviare in Piano di Rientro non la Regione, piena di debiti, bensì la Sanità che non solo era in pareggio di competenza ma che vantava miliardi di crediti di cassa dalla stessa Regione. Ovviamente a commissariare la Sanità “sana” è stata chiamata la stessa Regione “malata” che aveva prodotto il debito. Chiediamo quindi alla Regione: di non ripetere gli errori precedenti, e incolpare la sanità di disavanzi altrui; di chiarire a quali voci sia attribuibile il deficit del SSR, alla luce della riduzione della spesa per il personale e del numero di dirigenti medici. Chiediamo, infine, di aprire con urgenza un confronto politico con le rappresentanze sindacali dei lavoratori, affinché non vengano tagliati medici, posti letto e servizi alla popolazione”.

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