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Venerdì 29 marzo 2024

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Confindustria e sindacato: ci vuole rispetto reciproco

Ho preferito lasciar passare un po’ di tempo prima di rispondere alle affermazioni rilasciate agli organi di informazione in occasione dell’ultimo sciopero dei metalmeccanici per il rinnovo del contratto di lavoro da parte del vice presidente di Confindustria Cuneo Domenico Annibale, in cui lo stesso ha cercato di delegittimare con affermazioni discutibili ed arbitrarie le organizzazioni sindacali dei lavoratori. A tutti possono capitare momenti di rabbia, ma in una fase in cui si è ancora molto lontani da una ripresa credibile e con una crisi non solo economica che investe milioni di persone, in cui assistiamo ad una progressiva quanto grave regressione culturale anche nei rapporti tra le persone, abbiamo il dovere tutti noi, ed in particolare chi riveste a vario titolo ruoli dirigenziali, di abbassare i toni e di perseguire costantemente la strada del confronto nel reciproco rispetto. Vede, vice presidente, avrei potuto risponderle che la Cgil, nonostante la crisi, è in ottima salute, che continua ad avere più di 5 milioni e mezzo di iscritti di cui circa 40.000 nella nostra Provincia (non ne abbiamo mai avuti tanti come in questi anni!), ma ritengo, in coerenza con quanto sopra affermato, di avere il dovere di “volare alto”. Un Paese che aspiri ad avere prospettive di crescita economica e sociale a media e lunga scadenza, richiede che tutti si concorra, ognuno per la propria parte, a creare le condizioni affinché ciò avvenga, attraverso un’operazione di reciproca fiducia che consenta la costruzione di un patto sociale credibile e di una democrazia che sia realmente patrimonio di tutti e tutte. Lei, nel suo comunicato, punta il dito sulla scarsa produttività ed io confermo: la produttività in Italia è ferma. Il valore economico che produciamo in un’ora di lavoro oggi è la stessa del 2000 (16 anni fa), mentre è cresciuta in tutti gli altri Paesi (+ 16% media europea), compresa la Grecia (+ 11%). Loro producono più ricchezza nello stesso tempo lavorato oppure creano la stessa ricchezza lavorando di meno. Possiamo davvero far finta di credere che questo dipenda dalla negligenza dei lavoratori o non dovremmo forse ammettere che più realisticamente sarebbe indispensabile una cura da cavallo nelle politiche industriali basata su ricerca, investimento pubblico, sostegno all’innovazione delle imprese, ricambio generazionale ed investimenti anche in capitale umano? Produttività vuol dire principalmente investimenti in tecnologia e formazione; al contrario, nel nostro Paese, si insiste da anni ad affrontare la recessione con la stessa, inefficace, medicina: compressione del costo del lavoro e dei redditi dei lavoratori. Anche se ormai è chiaro a tutti che i bassi redditi abbinati ad un’altissima tassazione sono essi stessi elementi fondanti della crisi, del crollo dei consumi e della recessione.Come vede ci possono essere punti di vista diversi, ma non possiamo permetterci di venire meno al dovere di confrontarci sul merito delle questioni, nel rispetto e nella fiducia reciproca. Le imprese da sole non creano ricchezza; il contributo dei lavoratori e dello Stato sono indispensabili per creare ricchezza diffusa.Il Segretario Generale Cgil Cuneo, Davide Masera

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