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Sabato 20 aprile 2024

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Un mondo tra guerra e pace

Molti i segnali e gli avvenimenti fra guerre e pace che hanno attraversato il mondo in questi ultimi giorni. Segnali di guerra e di terrorismo si sono purtroppo consumati anche a Bruxelles, con l’attacco all’aeroporto di Zaventem e alle stazioni della metropolitana che portano direttamente nel cuore della rappresentanza e delle politiche dell’Unione europea. Un’altra città colpita, un ennesimo e violento attacco che si inserisce in un macabro filo conduttore che va da Parigi a Bamako, da Gran Bassam in Costa d’Avorio a Istanbul, da Ben Gardane in Tunisia per approdare infine a Bruxelles. Un filo che cerca di tessere una incomprensibile strategia di morte e di paura, di costruire spessi muri di odio fra culture e religioni diverse, e forse, di alimentare antichi rancori nati e cresciuti su storiche ferite inferte da un Occidente che non ha mai fatto adeguata memoria storica al riguardo. Questa guerra, condotta a viso coperto e senza delimitati confini, non ha solo le conseguenze di mietere anonime vittime, ma ha soprattutto il devastante potere di esasperare e di cercar di spegnere nel cuore di molti cittadini europei quella sempre più tenue fiammella dell’impegno alla convivenza, all’accoglienza e al dialogo fra i popoli, condizioni indispensabili per accendere le speranze di pace. Speranze di pace e dialogo ci arrivano tuttavia dall’altra parte del mondo, con lo storico incontro fra il Presidente degli Stati Uniti Obama e il Presidente cubano Raoul Castro. Storico perché è la prima visita di un Presidente americano a Cuba dopo 88 anni, perché ricuce 55 anni di rapporti diplomatici interrotti, mette fine a quella “guerra fredda” ed infine perché non mancherà, malgrado le resistenze del Congresso statunitense, di discutere della progressiva revoca dell’embargo economico, commerciale e finanziario in corso almeno dal 1960. Non è un avvenimento banale, visto che è stato sostenuto e mediato anche da Papa Francesco. Vanno sottolineati infatti non solo il valore geostrategico di nuove relazioni fra i due Paesi, in particolare per quanto riguarda la fine dell’isolamento di Cuba, ma anche le positive ricadute economiche per la popolazione e, in prospettiva, come ha tenuto a sottolineare lo stesso Presidente Obama, anche per quanto riguarda un linguaggio condiviso sui temi del rispetto dei diritti dell’uomo e della libertà d’espressione. Riportando poi l’attenzione sul Medio Oriente, le speranze di pace, a dire il vero molto fragili, vengono dalla tregua iniziata il 27 febbraio scorso in Siria, una tregua che sembra essere grosso modo rispettata, e dal ritiro parziale delle forze militari russe da quel teatro di guerra. Un ritiro che, a detta del Presidente Putin, risponde all’esigenza di favorire, sotto l’egida dell’ONU, la ripresa del processo diplomatico e di pace a Ginevra e il raggiungimento dell’obiettivo di delineare la difficile transizione politica nel Paese. Molti gli interrogativi nati da questa decisione della Russia, in particolare per quanto riguarda il suo nuovo ruolo sulla scena mediorientale e internazionale, una evidente nuova leadership costruita anche e quasi paradossalmente, sul dialogo e l’intesa con gli Stati Uniti. Ma altri ancora sono gli interrogativi politici e strategici rimasti finora in sospeso e ai quali, si spera, la Conferenza di pace potrà dare una risposta. E Il primo interrogativo, quello che divide tutti contro tutti, è il futuro e il ruolo che avrà Bachar al Assad. Nel frattempo, su questi legittimi interrogativi, aleggia una sola ed unica realtà: quella di cinque anni di guerra, di quasi trecentomila morti e un fiume di rifugiati che bussano anche alle porte di una gelida spettatrice e poco ospitale Unione Europea. E su questa realtà, costi quel che costi, è legittimo tenere viva quella fiammella di speranza che la Conferenza di Ginevra ha da poco riacceso.

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